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Come uscire dal burnout nello studio e nel lavoro

Burnout: sindrome da esaurimento, correlata con lo stress cronico da lavoro o da studio.

Sintomi: spossatezza, sbalzi d’umore, mancanza costante di motivazione, negatività, ridotta produttività, lentezza, distacco dall’oggetto del proprio lavoro o studio, cinismo e disfattismo, sonnolenza o difficoltà a prendere sonno, sintomi psicosomatici, mal di testa, irritabilità, fino al rifiuto totale

Suona familiare?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità circoscrive la sindrome da burnout all’area specifica del lavoro, anche se sembra abbastanza evidente che gli studenti sperimentino qualcosa di quantomeno analogo. È un fenomeno sempre più diffuso, discusso e, qualche volta, chiamato in causa a sproposito o con troppa poca consapevolezza.

Ne parlano e lo sperimentano tantissimi creator digitali, streamer, YouTuber, influencer, tra l’altro ne ha parlato anche JustMick in uno dei suoi video… insomma, se l’argomento salta fuori così spesso un motivo c’è.

E visto che il tema interessa da vicino anche me, usiamo i miei ultimi anni/mesi/settimane come caso studio per capire meglio cosa si intende quando parliamo di burnout e di… come uscirne!

Ora, prima di partire chiariamo bene una cosa: quello di cui parliamo in questo articolo non è uno scherzo, è una cosa seria e può diventare serissima purtroppo. Non va banalizzato.

E ora, cominciamo.

UN PO’ DI STORIA

Il primo a parlare in termini concreti di burnout e a definirlo è stato lo psicologo americano Herbert Freudenberger. Ma forse la più grande esperta al mondo di questo e altri temi affini è la dottoressa Christina Maslach, che tra l’altro ha creato insieme a Susan Jackson (un’altra scienziata del campo) l’MBI, il Maslach Burnout Inventory: uno strumento per valutare il livello di burnout nel campo lavorativo. 

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Da sinistra: H. Freudenberger, C. Maslach, S. Jackson.

Al suo estremo, il burnout può diventare patologico, indistinguibile dalla depressione – sebbene siano due cose diverse – e trasformarsi in un blocco e rifiuto totale, completo e davvero pesante da trattare.

Ovviamente ce ne sono diverse forme e intensità e ci sono mille cause che contribuiscono alla sua insorgenza: il sovra-lavoro, la mancanza di soddisfazione, l’alienazione da routine e tanto tanto altro.

COME MI SENTIVO?

E io? Come sono/ero messo? Non bene, ma neanche malissimo.

Ho già sperimentato il burnout grave in passato, quello proprio da devastazione da sovra-lavoro, da svenire fisicamente mentre lavori e non riuscire a fissare uno schermo senza essere assaliti dall’ansia. Ecco, per fortuna nell’ultimo periodo non ero messo affatto così male, ma potevo chiaramente distinguere il trend e mi stavo muovendo a grande velocità proprio in quella direzione.

Ero sempre più lento e svogliato nel compiere il mio lavoro, in particolare la scrittura mi pesava tantissimo, ero meno lucido, più distante, meno entusiasta e sempre più affaticato. Non solo, ma sperimentavo questi stessi sintomi, sempre più generalizzati, anche al di fuori del lavoro.

Ma torniamo un secondo indietro: perché così tanti creator digitali lamentano di questo fenomeno? Non è forse un lavoro da sogno quello dello YouTuber?

Sì, lo è, ma ci sono due fattori che espongono chi fa questo più che altre professioni a soffrire di momenti di burnout: l’incessantismo e l’esposizione costante.

Mi spiego: creare contenuti è qualcosa di meraviglioso, non scambierei questo lavoro per nient’altro al mondo, ma richiede uno sforzo creativo incessante. Devi dare e dare e dare e dare. E anche quando senti di non aver più niente da dare devi tirare fuori da te qualcosa di nuovo da dare lo stesso.

Ti svuoti per il tuo pubblico.

Giorno dopo giorno dopo giorno devi farti venire nuove idee, scriverle e realizzarle. Non puoi smettere mai perché Internet non dorme mai e nella lotta costante per la visibilità se non pubblichi tu pubblica il tuo competitor.

Se in più ci aggiungete che mentre scrivevo per YouTube mandavo avanti l’azienda e scrivevo il nuovo Sistema ADC sul quale stavamo puntando tantissimo (e che, tra l’altro, sta battendo ogni record!) e altri, non lo so, 12 progetti che non conoscete ancora, capirete bene che le ore effettive di lavoro erano tante, forse troppe, ma soprattutto anche lo sforzo creativo richiesto costante e la pressione altissima.


E poi l’esposizione. Si dice che chi lavora su Internet possa lavorare dovunque, anche dalla spiaggia. Questo è vero, ma il rovescio della medaglia è che poi lavori ovunque, anche dalla spiaggia!

Per me questa è stata la parte più pesante e grave, oltre che proprio alle ore di lavoro effettivo: il fatto di essere perennemente connesso, perennemente a rispondere ai messaggi, perennemente bombardato di mail, perennemente incollato al telefono senza riuscire mai a dedicarmi a una mia passione o anche soltanto alla mia vita personale, agli amici, alla mia compagna. Smettere di fissare il telefono era diventato difficile, quasi impossibile.

In più possiamo aggiungerci un terzo fattore che è l’aspetto “pubblico”, di facciata: un creatore di contenuti digitali, in un modo o nell’altro, si sente sempre su un palcoscenico, deve performare al meglio nei video, deve essere energico, sicuro, positivo, propositivo, deve affrontare i fan e gli hater, la gente che ti saluta per strada e l’inondazione di proposte più o meno assurde che arrivano nelle mail, si rapporta a migliaia, decine di migliaia, centinaia di migliaia di persone ogni singolo giorno… sono piccole cose prese singolarmente ma, sommate, diventano una montagna.

Sulla scorta dell’esperienza di anni e di svariati episodi di burnout grave con tutte le conseguenze devastanti del caso, questa volta ho deciso di agire per tempo e cambiare le cose prima che fosse troppo tardi. Non mi posso più permettere di collassare come facevo una volta.

Che cosa ho fatto quindi? Prendete qualche appunto, anche voi studenti, che magari vi torna utile.

Intanto sono partito da una considerazione, che affonda le sue radici nella scienza in merito. Il burnout non lo si risolve senza cambiare nettamente qualcosa nella propria vita.

Ho deciso quindi di dividere nettamente in due i miei sforzi: una bella soluzione drastica a breve termine e una serie di piccole soluzioni e cambi di abitudini a lungo termine.

La combinazione di tutto questo dovrebbe portarmi, se ho fatto bene i calcoli, a un nuovo equilibrio.

LA VACANZA

A breve termine, per dirla senza mezzi termini, avevo bisogno di una vacanza. Una vacanza vera, non i 4/5 giorni con il computer sempre acceso in qualche luogo di villeggiatura che facevo negli ultimi anni.

Non mi capitava di staccare più di 24h totalmente dal lavoro da… mai! Anche quando formalmente in ferie, il tempo per qualche mail, commento o scrittura varia c’era sempre, ogni singolo giorno.

Una pausa vera è fondamentale e questa è una lezione preziosa anche per tutti gli studenti in difficoltà che non riescono mai a uscire dal ciclo infinito della preparazione degli esami. Fare un break, uno vero, completo, ogni tanto, è fondamentale.

Per me questa necessità di tregua vera dal lavoro coincideva anche con la necessità quasi fisica di disintossicarmi dai social e dal cellulare, diventato ormai una fonte di dipendenza vera, per nulla ironica. Ne ho accennato anche nel mio intervento al TEDx di Montebelluna tra l’altro, recuperatevelo se lo avete perso!

E allora ho detto basta: sette giorni senza Internet, senza lavoro, nel mezzo del nulla con la mia dolce metà e un bagaglio di libri.

Quei santi dei miei collaboratori hanno preso in mano tutta l’azienda e mi hanno permesso di lasciarmi tutto alle spalle come non avevo mai fatto prima.

Mi sono comprato un nuovo telefono, iPhone mini, il più piccolo di tutti, con una sola app installata, Whatsapp, una nuova sim di cui hanno il numero 10 persone in croce per le emergenze e via, partito senza l’altro telefono e senza computer.

Mi sono rifugiato in un posto che chiamare paradiso è dire poco: una casa sull’albero in mezzo ai campi di lavanda nella Tuscia Laziale che ora è il mio posto preferito sulla faccia della terra. Già sicuro che ci torno l’anno prossimo perché mi manca già da morire.

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Ah, vi lascio i riferimenti sotto, il resort/b&B si chiama La Piantata e… boh, giudicate voi!

Dopodiché, sceso dall’albero, per qualche giorno me ne sono anche andato un po’ a spasso per la zona del lago di Bolsena, Viterbo, Orvieto e tutta quell’area lì.

Ho visitato posti bellissimi, dormito, letto, dormito, fatto passeggiate, dormito, mangiato, dormito e mi sono dato alla vita agreste. E poi ho dormito. Meraviglioso.

Quando sono tornato al lavoro, scrivere questo articolo è stata praticamente la prima cosa che ho fatto e ci ho messo la metà del tempo del solito… mi sento davvero rigenerato!

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IL CAMBIO DI ABITUDINI

Ma… ma… freniamo un po’ l’entusiasmo. Questo non può bastare. Lo stop, il detox digitale e la vacanza sono fondamentali, ma il burnout è un serpente a sonagli furbo e subdolo e non lo si può battere senza dei cambiamenti, a lungo termine, strutturali, delle proprie abitudini.

Se non fai qualcosa per trattare non solo i sintomi ma anche l’origine del problema, questo si ripresenterà uguale a sé stesso dopo qualche tempo.

Nel giro di un mese o due sarei di nuovo da capo se non continuassi con i cambiamenti e non li rendessi parte integrante del mio stile di vita.

E allora, visto che ancora non posso permettermi di trasferirmi nella casa sull’albero, intanto d’ora in avanti continuerò a tenere i due telefoni e a lasciare in ufficio quello di lavoro, così che quando torno a casa potrò staccare davvero.

Ricomincerò a leggere sul serio la sera, abitudine che avevo perso e che ho finalmente ritrovato. E non solo leggere saggistica, divulgazione e roba interessante e formativa, ma anche romanzi, romanzi belli, affascinanti che mi trascinino su un altro mondo come una volta e mi facciano viaggiare con la fantasia.

E poi ricomincerò a vedere con regolarità una volta al mese la mia psicologa.

Ne ho parlato tanto in passato di quanto la terapia mi abbia aiutato con il mio blocco e la mia depressione, nell’ultimo periodo avevo un po’ trascurato la cosa ma è uno spazio per me, che mi fa bene e che mi permette un’introspezione sana.

Altrettanto importante: giuro solennemente che farò pausa più spesso, vacanze più spesso, ferie più spesso, serate con gli amici più spesso, e che la smetterò di fare l’orso nella sua caverna. Ecco, l’ho detto, siete tutti testimoni!

Tra l’altro, mentre io stavo sull’albero, la ADC s.r.l. se l’è cavata benissimo, quindi potrei anche abituarmi!

In ultima, lo sport e la cura del fisico. Mi sono messo a dieta e ho perso 7 dei 14kg che avevo preso, sono a metà strada.

Ma ricomincerò anche ad allenarmi, difficilmente potrò fare gli allenamenti spacca schiena di qualche anno fa ma mi rimetterò in forma un po’ alla volta con i miei ritmi.

E questo è tutto. Non saranno i segreti più sconvolgenti o le tecniche più misteriose, ma il punto poi è proprio questo: vincere il burnout, superare lo stakanovismo tossico, riprendersi dalla dipendenza e dal sovraccarico da social network, non è una questione di chissà quali misteriose tecniche sovrannaturali ma di piccole, semplici, banali, stupide scelte quotidiane che ci permettano di riappropriarci della nostra vita.

O almeno, questo è quello che penso e che sto facendo. Vi terrò aggiornati.

Che voi siate lavoratori, studenti, YouTuber, imprenditori, insegnanti, olimpionici, saper gestire il proprio stato psicofisico, sapersi riposare, saper contrastare l’insorgenza di questo maledetto nemico moderno che è il burnout è diventata una priorità assoluta.

Fatemi sapere cosa ne pensate, raccontatemi le vostre esperienze in merito e scrivete la lista dei vostri buoni propositi anti-burnout, in stile propositi per l’anno nuovo, solo che stavolta magari li rispettate davvero!


Alessandro de Concini
Alessandro de Concini

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