Giochi, livelli, ambientazioni, storie, ostacoli da superare, sfide, divertimento, curiosità, esplorazione… tutti elementi meravigliosi che ci tengono incollati con il naso allo smartphone, al computer, alla tv o a un tavolo: ci coinvolgono, ci intrattengono, ci rapiscono.
Tutti elementi accomunati da una caratteristica fondamentale: non esistono nello studio.
Ma forse non è detta l’ultima parola, perché quegli stessi elementi che rendono il gioco una costante nella vita degli esseri umani dall’alba dei tempi, in realtà, possono travalicare i confini del gioco stesso.
È un concetto noto come gamification, letteralmente il trasferimento di principi e caratteristiche del mondo del gioco ad altre attività produttive, come lo studio e il lavoro.
Esistono differenze individuali e legate al contesto, come sempre, ma la gamification ha il potere di aumentare la concentrazione, la motivazione e la partecipazione, stimolare la produttività, ridurre il carico di stress associato allo studio, combattere la procrastinazione e anche farti fare quattro risate, che non è affatto scontato in sessione d’esame.
E allora oggi parliamo di gamification, di come portare il gioco nel tuo metodo di studio.
Io me lo aspetto: una percentuale non meglio definita di voi che guarderete questo video partirà scettica.
È normale, il concetto di gioco, specie da adulti, è visto un po’ con superficialità e stereotipo, nel nostro paese soprattutto si tende a pensare che il gioco sia qualcosa per i bambini, gli adolescenti sfigati fissati coi videogiochi, i vecchi che si massacrano a burraco al bar e i trentenni nerd che passano le loro serate libere dal lavoro a spremersi la mente su astrusi giochi da tavolo, sorseggiando bevande gassate zero-caloriche.
Non che io ne sappia niente.
Ma la gamification è tutt’altro che una stupidaggine per nerd, è una pratica che, prendendo forme diverse, è in giro da moltissimo tempo e ci sono evidenze scientifiche ormai piuttosto solide sulla sua potenziale efficacia in campi differenti, troverai a fine video un po’ di bibliografia per quanto riguarda l’applicazione nell’apprendimento. Non mancano anche le critiche, menzionerò anche quelle.
FORME DI GAMIFICATION
Ci sono 3 forme principali di gamification per lo studio che dobbiamo considerare.
- La gamification strutturale del proprio studio, che viene trasformato per diventare di fatto una grande esperienza di gioco;
- La gamification del materiale che deve essere imparato;
- L’implementazione di singoli principi di gamification nelle varie metodologie di studio che si mettono in pratica di volta in volta nel metodo di studio.
La categoria numero 3 è senza dubbio quella che potrai mettere in pratica con più facilità, le altre due sono più complesse e richiedono spesso una progettazione iniziale e uno sforzo notevole da parte non solo di chi partecipa, ma anche di chi scrive i libri o i programmi di studio, da parte degli insegnanti, delle scuole, università ecc.
Vedremo comunque per tutte e tre le metodologie dei consigli pratici che puoi applicare anche da solo, in questo video cercherò di restare sul concreto, senza addentrarmi troppo nelle forme più sofisticate ed esperienziali della gamification, interessantissime ma che, con grande probabilità, non riusciresti ad applicare.
Bene bene bene, ora che è tutto chiaro, possiamo passare ad elencare i diversi principi e, per ciascuno di essi, darti delle idee pratiche.
PROGRESSO e FEEDBACK
Questo è un po’ il simbolo stesso della gamification, l’idea di creare dei meccanismi che non soltanto ti permettano di tracciare il tuo progresso, ma ti diano un senso di soddisfazione e di aver raggiunto un obiettivo mentre progredisci. Punti, livelli, medaglie, trofei, bonus e via discorrendo.
Quattro modi per implementare questo concetto nel tuo studio quotidiano:
- Abbiamo già parlato in mille altri video dell’importanza di creare degli obiettivi precisi quando studiamo, recuperati questa live che sviscera l’argomento. Bene, non fermarti allo stabilire gli obiettivi, ma assegna ad ogni tuo microobiettivo un tot di punti che guadagnerai quando lo avrai completato. Non assegnare questi punti a caso, sennò non funziona, ma stabilisci invece una scala di livelli (ognuno contraddistinto da un numero di punti) che ti porterà fino al risultato finale, il livello 100 ad esempio, che corrisponde alla fine del programma. Hai studiato i primi due capitoli del libro? Bene, hai guadagnato 50 punti e hai raggiunto il primo livello. Finito il gruppo di slide? Altri 50 punti e si sale al livello 2. E via così. Quando pianifichi il tuo percorso puoi segnarti tutti questi livelli su un foglio e man mano che li raggiungi spuntarli, così da poter tenere sott’occhio costantemente i tuoi risultati.
- Anche il tuo ripasso può essere tracciato con punti, specialmente se applichi il concetto di testing. Quando ti metti alla prova con esercizi, domande e risposte, puoi assegnarti un voto numerico che corrisponde alla qualità della tua risposta. Tre punti se la risolvi in modo perfetto, 2 punti se è buona ma manca qualcosa, 1 punto se ti sei barcamenato, 0 punti se proprio è scena muta. Questo sistema ha una caratteristica notevole, quella di darti un feedback chiarissimo e misurabile, che puoi usare come parametro di riferimento per la tua preparazione. Elimina l’incertezza e quel senso di “non so se sono preparato”.
- Reward and punshment, lo nomino spesso questo principio ma rientra nel mondo della gamification, quindi è giusto ribadirlo: premi e punizioni legati al raggiungimento o meno dei tuoi obiettivi. Quindi non solo guadagnerai dei punti, ma completando il livello 2 vincerai anche una pizza o un biglietto del cinema. Più alto il livello e il raggiungimento e più grande il premio. Stessa cosa per le punizioni, ovviamente.
- Ci sono moltissime app e programmi ormai che sfruttano i principi di gamification, basti pensare ad app per la produttività come Habitica e Forest (le mie preferite in assoluto), per l’apprendimento delle lingue come Babbel o Duolingo, ma anche timer, calendari, chi più ne ha più ne metta. Io ti sconsiglio di usarne tantissimi contemporaneamente, per non creare confusione, ma abituarsi a inserire le tue preferite nel tuo flusso di studio può sicuramente darti dei benefici.
PERSONAGGI, NARRATIVA E AMBIENTAZIONE
Qui ti voglio, perché tutti ormai conoscono il valore dei livelli, dei punti e bla bla, quella era una cosa facile, ma sono in pochi a sapere che gran parte dell’efficacia della gamification risiede anche nel contesto, nell’ambientazione, nell’atmosfera all’interno della quale sono inseriti tutti quei meccanismi.
È in questo campo che si colloca normalmente la gamification più strutturale ed esperienziale, quella che richiede una progettazione dall’alto diciamo, ma finché le scuole e università italiane non decideranno di provare a investire un po’ in questo senso, sarà difficile poter davvero sfruttare al massimo queste potenzialità…
Per dire: alcuni anni fa un’università americana ha creato un corso di ingegneria applicata alla sopravvivenza nell’apocalisse zombie ed è stato un successo incredibile. Io stesso nel creare il mio corso sul metodo di studio, Sistema ADC, ho scelto di ambientarlo in un castello, con stanze da esplorare, un po’ di mistero e cose di questo tipo. Funziona, perché il processo di apprendimento diventa ancora più coinvolgente.
Mentre continui a sperare per il futuro, però, qualcosina puoi farla anche tu in questo senso:
- Per prima cosa puoi creare un tuo personaggio e una sorta di macrostoria che corrisponda al tuo percorso di studio per l’esame o la verifica o il concorso e unire questo personaggio e questa storia al sistema di livelli e punti che abbiamo discusso qualche minuto fa. Per dire, stai studiando l’esame di storia medievale e ti immagini di essere una spia inviata dal tuo re a imparare la storia degli altri sovrani per non ripeterne gli errori quando andrete alla conquista del mondo. Ingegneria elettrica? Sei uno scienziato pazzo che accumula le conoscenze necessarie a costruire una macchina per dominare i fulmini. Diritto costituzionale? Sei un giurista rapito dagli alieni e portato sul loro mondo per aiutarli a creare la costituzione ideale. Non serve che sia qualcosa di complesso, non devi diventare improvvisamente uno scrittore, ti basta un personaggio, una missione, e le varie tappe della missione da associare ai livelli e punti.
- Un’altra cosa che ho sperimentato in passato è stata quella di legare agli obiettivi di studio la progressione con un libro, dei fumetti o una serie tv. I capitoli dei libri venivano seguiti dalle puntate o capitoli corrispondenti, in questo modo si verificava una sorta di sovrapposizione tra la trama della storia e il contenuto dello studio, e inoltre la fruizione della storia diventava una sorta di premio secondo lo schema del reward & punishment che abbiamo già nominato.
- Altra buona idea che puoi sperimentare è quella di assegnare alle varie parti del programma nomi buffi e riferimenti divertenti ai tuoi compagni, ai professori o al contenuto stesso, sfruttando magari anche il principio della visualizzazione che sta alla base delle tecniche di memoria, immaginandoti storielle e situazioni strane.
COLLABORAZIONE E CONTROLLO
La gamification può fare un vero e proprio salto di qualità quando è portata avanti in gruppo. Parliamo prima dell’aspetto collaborativo:
- Puoi progettare sedute di studio di gruppo che utilizzino i meccanismi di progressione, livelli e feedback, ne ho accennato anche in questo mio articolo sullo studio in gruppo che ti consiglio di recuperare, aggiungendo anche elementi di trama e di gioco di ruolo.
- Puoi condividere con gli altri la stessa storia e lo stesso programma di studio e confrontarti con loro, controllandovi a vicenda e sfruttando quindi gli obiettivi comuni per mantenervi concentrati e non mollare nei momenti difficili.
- Potete anche decidere di costruire insieme una storia, portando i consigli di cui abbiamo già parlato su un altro livello;
COMPETIZIONE
Ma il gruppo non è solo un’occasione di condivisione, collaborazione e controllo a vicenda, può diventare anche stimolante a livello di sfida.
Confrontare i livelli raggiunti, creare occasioni di gioco a sfida diretta, come ad esempio un gioco a quiz dove l’obiettivo è rispondere alle domande o svolgere gli esercizi meglio e più rapidamente degli altri, pungolarsi per trovare ognuno le debolezze nella preparazione dell’altro.
Attento solo a una cosa, se decidi di sfruttare la competizione gamificata: rimanete sempre tutti al livello di un gioco leggero, non di una gara aggressiva, altrimenti il rischio è quello di aggiungere inutilmente altro stress allo studio, come se ce ne fosse bisogno.
SFIDA PROGRESSIVA e SCELTA
Infine, l’ultimo principio da conoscere per poter implementare la gamification nel proprio studio è quello della sfida progressiva e della scelta.
Uno degli elementi chiave della creazione di coinvolgimento nel gioco è la curva di apprendimento e la difficoltà crescente. Un gioco la cui difficoltà è estrema fin dal primo minuto può attrarre giocatori esperti e super competitivi, ma alienerà la maggior parte del resto del pubblico.
Invece, un gioco dove la difficoltà si alza gradualmente e il senso di sfida aumenta di pari passo con la nostra abilità, un gioco dove abbiamo anche la libertà di scegliere quali missioni affrontare prima e quali dopo, nel quale possiamo esercitare un controllo, sarà molto più efficace per la maggioranza dei giocatori.
Alcuni esami e argomenti, se ben organizzati, presentano già una scala di difficoltà crescente, ma se ti accorgi che così non è, quando crei il tuo piano di studio sentiti libero di modificare l’ordine in cui studierai i diversi argomenti. Specie con esami non prettamente tecnici, in cui l’ordine conta solo relativamente.
Non sta scritto da nessuna parte che devi per forza cominciare dal capitolo 1, dipende dall’argomento e dall’esame stesso.
Parte dell’efficacia della gamification quindi è prendere consapevolezza del percorso che dovremo affrontare e dominarlo, avendo la possibilità anche di effettuare deviazioni o di modificare l’ordine dove lo sentissimo necessario.
CRITICHE
Voglio concludere questo video anche nominando qualche critica che viene mossa di quando in quando al concetto di gamification e rispondendo dal mio punto di vista. Sono principalmente 4 le obiezioni che vengono mosse:
- La prima è semplicemente incontestabile, e cioè che l’efficacia di tutto questo dipende anche dalla personalità dello studente e dalla sua voglia di partecipare al gioco o di costruirlo. Non ci si può fare niente, ci sono persone che detestano i giochi (e sono persone orribili, se chiedete a me), persone che odiano le storie e la narrativa, persone che piuttosto che lavorare in gruppo si taglierebbero un braccio, persone che disprezzano il concetto di fantasia. È evidente che per questo tipo di persone la gamification, semplicemente, non è adatta. Tuttavia, capisco questa critica solo fino a un certo punto, nel senso che la personalità entra sempre in gioco quando si parla di attività umane e questo problema si risolve da solo: chi non si trova bene potrà sempre smettere di farlo. O non cominciare affatto.
- La seconda critica è quella che puntualizza come gli effetti della gamification a livello di impatto cognitivo, di memoria, di apprendimento a lungo termine ecc, pur reali, non siano poi così significativi. Anche questa critica è giusta, ma parte dal presupposto sbagliato: la gamification non è e non può essere un metodo di studio, è semmai un vestito da dare al metodo di studio. È chiaro che gli effetti sostanziali sullo sviluppo di conoscenze e competenze li si ottiene concentrandosi sui tanti altri principi di cui parlo e che insegno tutti i giorni, ma questo non significa che la pratica della gamification non possa rendere il tutto migliore, più appassionante e coinvolgente.
- La terza critica è quella che, di fatto, molti degli incentivi che arrivano dalla gamification sono classificabili come motivatori estrinseci, cioè che vengono dall’esterno e non intrinseci, cioè da dentro. Questo tipo di stimoli “motiva” ma non trasforma le persone, è fine a sé stesso. I sostenitori di questa critica puntualizzano che solo quando lo studente comincia a provare soddisfazione e piacere nell’atto dello studiare in sé può davvero cambiare e mostrare le sue piene capacità. Tutto questo è verissimo, e condivido anche l’idea che i motivatori intrinseci siano nettamente più importanti, ma una gamification ben applicata e profonda può mirare anche a questi ultimi. Inoltre, talvolta la situazione è così pesante e grigia che qualunque aiuto è sempre meglio di niente. Insomma, non bisogna aspettarsi che la gamification ci cambi la vita.
- L’ultima critica che si sente invece è una totale idiozia: c’è tutta una branca di insegnanti che condanna la gamification perché, a detta loro, svilisce la serietà dell’apprendimento, specie di quello scolastico e universitario. Questa gente rivendica il valore del sacrificio e del sangue sudore e lacrime e barbe grigie e occhiali spessi ventisette centimetri e la tristezza che ti penetra le ossa mentre leggi al lume di una candela morente le parole scritte da Schopenauer. Rigorosamente in testo originale in tedesco. Ecco, questa gente spara cazzate. Lo studio deve essere serio, non serioso, c’è un abisso di distanza tra questi due termini. Non vale neanche la pena di spendere una frase in più per confutare questa critica.
Questo è quanto, ti ho spiegato cosa sia la gamification e quali siano gli elementi principali da applicare, ti ho dato qualche idea pratica e ora aspetto di sapere le tue idee e proposte creative in merito. Non c’è bisogno ovviamente di applicare sempre tutti questi principi, si può cominciare per gradi, ma ottengono il massimo risultato quando sono, combinati tra loro.
Forse la gamification non è la panacea a tutti i mali né la risposta finale a tutti i quesiti sullo studio, ma io sono profondamente convinto della sua incredibile efficacia, e credo anche che, in futuro, diventerà uno dei principi cardine dell’apprendimento e dell’insegnamento.
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