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7 motivi per cui l’esame d’avvocato è una mer*a

Giuristi di tutto il mondo unitevi!

Siamo qui riuniti oggi per demolire insieme, pezzo per pezzo, quella vergognosa prova di incompetenza, baronaggio, mancanza di rispetto per i giovani e disorganizzazione all’italiana che è l’esame di stato per l’abilitazione alla professione di avvocato.

E sì, ho scelto per questo articolo un titolo davvero davvero forte, ma l’intento non è il clickbait, non questa volta.

Credo davvero, scherzi a parte, che questo esame sia quanto di peggio esista nel campo degli esami pubblici, una prova devastante non solo in termini di studio, lavoro e di impatto psicologico, ma anche da tutti gli altri punti di vista, come vedremo. 

Che già laurearsi in giurisprudenza non è proprio uno scherzo eh, ma qui andiamo oltre.

E allora in questo articolo vi racconterò i 7 motivi per cui l’esame da avvocato… è una vera mer*a.

E sì, mi permetto di scriverlo io questo articolo, che non sono laureato in giurisprudenza, forse anche un po’ per quello, lavoro con studenti di giurisprudenza da anni e anni, ne ho aiutati tantissimi a preparare questo esame e mi sono confrontato con altrettanti per mettere insieme questa lista. 

Cominciamo.

REQUISITI DI AMMISSIONE 

Partiamo con i requisiti di ammissione.

Ovviamente c’è la laurea in Giurisprudenza, e vorrei anche vedere, ma il piccolo particolare che chi non fa parte dell’ambiente potrebbe non conoscere sono i 18 mesi obbligatori di pratica in uno studio di avvocati.

Che potrebbe sembrare una cosa innocua, persino positiva, perché è ovvio che si deve fare un po’ di gavetta per imparare il lavoro, giusto?

Giusto, non fosse che il praticante avvocato, nella stragrande maggioranza dei casi, lavora gratis o per una paga quasi offensiva da quanto bassa, fa tante ore quante un qualsiasi altro lavoratore e si smazza tutti quegli impegni che l’avvocato di riferimento, chiamato “dominus”, non ha voglia di svolgere.

E ancora una volta, i giovani neolaureati diventano carne da macello in un sistema che li sfrutta senza retribuirli. E quando poi toccherebbe cominciare a pagarli si buttano via e si prende un altro praticante. Facile no?

Che poi, vogliamo prenderci un secondo per parlare di questo termine, “dominus”? Che sì, alla latina fa figo, ma vi rendete conto vero che la traduzione letterale è “padrone”?

Sì, era anche una formula di cortesia per mostrare rispetto a una persona di alto rango, ma era pure il termine con cui si indicava il padrone di uno schiavo… 

Capisco sia un modo di dire tradizionale, ma le parole hanno un peso…

LA DIFFICOLTA’

Ma torniamo all’esame vero e proprio, che presenta delle difficoltà intrinseche non da poco.

Intanto sono in realtà 2 esami, uno scritto e un orale.

Partiamo dallo scritto, che presenta due macro-materie (diritto civile e penale) e una opzionale (diritto amministrativo). La struttura dell’esame prevede 3 giorni consecutivi (ci torniamo sopra più avanti nell’articolo): il primo giorno si svolge un parere di civile, il secondo un parere di penale e il terzo giorno un atto a scelta fra civile, penale o amministrativo.

Il parere, per semplificare, è un caso da risolvere su una o più questioni, mentre l’atto è più legato a quello che sarà il lavoro effettivo di avvocatura, con delle tipologie specifiche da redigere a partire sempre da un caso ipotetico, come un appello o una costituzione in giudizio.

Dove sta il problema? Semplice, nulla di tutto questo è mai stato affrontato nel percorso universitario, spesso la pratica presso uno studio non prepara minimamente a questo genere di prova (si è troppo occupati a fare gli schiavi) e gli ordini professionali non garantiscono quasi mai formazione in merito.

E quindi l’esame è completamente slegato da tutto ciò che lo studente/praticante ha studiato o sperimentato prima. Del tutto fine a sé stesso.

Se si passa lo scritto c’è poi l’orale che è un esame mastodontico. Fino al 2017 si trattava di 5 materie, dal 2018-2019 sono diventate sette. Ordinamento e deontologia forense; diritto civile; diritto penale; diritto processuale civile; diritto processuale penale; e poi 2 materie a scelta tra costituzionale, ecclesiastico, amministrativo, diritto del lavoro, commerciale, diritto dell’Unione europea, internazionale privato, tributario, ordinamento giudiziario e penitenziario. 

Una passeggiatina di salute.

Difficoltà e vastità mostruose. Mesi e mesi di studio matto e disperatissimo di leopardiana memoria. Ma va bene, si potrebbe pure dire che è giusto che sia un esame tanto difficile, d’accordo, ci può stare, se non fosse che la…

Ecco alcuni consigli su come prendere 30 agli esami universitari.

CORREZIONE

È un completo e totale disastro: un buco nero di burocrazie e pratiche inspiegabili. 

Il calcolo dei punti è estremamente complicato e si presta a mille interpretazioni e valutazioni soggettive, e già questo vabbè, ma la cosa più assurda è che non c’è alcuna necessità da parte dei valutatori di esplicitare le proprie correzioni o gli errori riscontrati.

Il che significa che ci si può ritrovare compiti immacolati, senza un minimo segno di penna, bocciati senza spiegazione, o fogli completamente imbrattati di rosso che passano, correzioni illeggibili o assenza completa di esse. La discrezionalità dei valutatori è totale, hanno potere assoluto senza alcuna accountability, per dirla all’inglese. Chi controlla i controllori? O, per dirla in con Giovenale, visto che ai giuristi piace il latino: “quis custodiet ipsos custodes”?

Nessuno, ecco chi.

Spesso non si impara nulla dal fallimento, non si capiscono errori o imprecisioni, non si sviluppano esperienze per, l’anno successivo, colmare le lacune.

Vige la totale impossibilità di confrontarsi, e questa assoluta opacità e soggettività della valutazione hanno portato negli anni al consolidamento di luoghi comuni e dicerie sull’esame inquietanti a dire poco.

È largamente diffusa l’opinione che sia tutto a caso, che addirittura raggiunta una certa quota di promossi i valutatori scartino i compiti senza nemmeno leggerli, che altri boccino o promuovano a caso, che esistano conflitti di interessi e manipolazioni varie.

A sostegno del fatto che sia tutto un lancio di moneta vorrei mettere agli atti il fatto che ha passato l’esame quell’imbecille di Andrea Diprè. Vedete voi.

Alcune di queste voci potrebbero essere vere, altre potrebbero essere bufale e leggende metropolitane. Ma come si può distinguere la verità dalla fantasia se non c’è alcun meccanismo di verifica e giustificazione? 

E se poi ci si volesse opporre a questo sistema, magari protestare per una valutazione errata, beh, buona fortuna. Anche solo per poter visionare il proprio compito bisogna fare richiesta e aspettare.

E poi esiste teoricamente la possibilità del ricorso amministrativo, come per qualunque atto, ma i termini sono estremamente specifici, è costoso, i tempi sono strettissimi (60 giorni dalla pubblicazione degli esiti, senza considerare il tempo di attesa per vedere il compito) e la battaglia non porta mai a nulla: c’è ormai una consolidata giurisprudenza sul fatto che i valutatori non debbano dare giustificazioni di sorta.

Se tutto questo non bastasse, le lungaggini della giustizia italiana fanno sì che il ricorso finisca per sovrapporsi alle sessioni successive. Di fatto, è una strada impraticabile. Puoi accettare il risultato o… accettare il risultato. Nessuna altra vera scelta.

TEMPI

Visto che ci siamo, parliamo delle tempistiche. La prova si svolge una sola volta l’anno, se fallisci devi aspettare l’anno successivo e i tempi sono incredibilmente lunghi. Più di quello che chiunque potrebbe trovare ragionevole. 

Per le correzioni degli scritti, che si svolgono sempre a dicembre, si aspettano in media 6 mesi, fino a giugno/luglio, ma non basta: si aspetta anche per fare l’orale, che comincia a settembre e continua fino a novembre, a un mese di distanza dalla sessione successiva.

Questo significa che fin troppa gente è costretta, per precauzione, ad iscriversi alla sessione successiva dell’esame a prescindere, per tutelarsi nel caso di fallimento. Ridicolo.

Quest’anno poi, col Covid, tutte le tempistiche si sono ulteriormente dilatate. Ovvio.

SVOLGIMENTO  

Vogliamo parlare poi delle condizioni in cui si tiene lo scritto? Come dicevamo, sono tre giorni consecutivi: una maratona fisica e mentale quasi sadica, era così difficile mettere un giorno di pausa in mezzo? Davvero?

Ogni singola prova può durare fino a 7 ore, ci si può alzare esclusivamente per andare in bagno, a proprio rischio e pericolo perché se per caso si trova una fila chilometrica si perdono minuti preziosi per lo svolgimento del compito.

Sì, file chilometriche, perché sono stipati centinaia e centinaia di iscritti all’esame in luoghi strettissimi perché spesso non ci sono spazi adeguati, le posizioni sono scomode, con banchi che non sono in grado di ospitare i tanto costosi codici, che finiscono quindi per stare a terra.

Pile di libri per terra e gente con i banchi attaccati che neanche alle scuole superiori, controlli militareschi e ore infinite. 

esame d'avvocato

COSTI

Oltre al danno, la beffa, perché sopportare questa tortura è costoso. Parecchio costoso. L’iscrizione all’esame in sé prevede tre pagamenti diversi: una tassa di 12,91 euro, un contributo di 50 euro e una marca da bollo di 16 euro.

E fin qui può anche starci.

Ma i codici, eh, i codici, quelli costano centinaia di euro, anche 500 euro per averli tutti e vanno cambiati tutti gli anni, perché ci sono gli aggiornamenti. E mentre l’ordine degli avvocati e le case editrici stappano bocce di champagne, un esame che è già di per sé un terno al lotto diventa anche una spesa considerevole anno dopo anno, se siete sfortunati abbastanza da doverlo ripetere per 3 o 4 volte, come capita a tantissimi.

Ma non è finita, dobbiamo recuperare quello che dicevamo all’inizio, e cioè che l’ordine non fa quasi mai formazione su atti e pareri, l’università tanto meno e gli studi di avvocati in cui si fa la pratica non hanno certo tempo per insegnare a te, povero schiavo non pagato, muto e vai in tribunale a fare cancelleria. E portami pure un caffè. Macchiato. Caldo. Con lo zucchero. Ma poco zucchero. E chiamami Dominus. 

E quindi cosa sei costretto a fare? Ad iscriverti a corsi di preparazione che possono costare migliaia e migliaia di euro, alcuni ben fatti, altri di qualità decisamente discutibile, ho sentito di tutto in questi anni su questi corsi, lascio perdere che è meglio.

STRESS PSICOLOGICO

E arriviamo così all’ultimo punto cruciale, che è l’aspetto psicologico. Tutta questa pressione porta ad un’atmosfera competitiva e aggressiva, un ambiente pessimo, l’invidia di chi non passa verso chi passa, l’aspettativa, l’ansia che si accumula per mesi, mesi, mesi, anni, il gossip dietro a chi è passato senza studiare e chi invece, preparatissimo, lo deve rifare la sedicesima volta, le malelingue, le dicerie, le teorie del complotto…

Chi ha sostenuto l’esame o ha persone vicine che lo hanno fatto sa di cosa sto parlando, ma tutti possono immaginare, date queste premesse, quanto pesante in termini emotivi e psicofisici sia tutto questo. 

Il prezzo da pagare è alto, altissimo, in tutti i sensi, per questo ti consigli odi seguire i miei consigli sulle attività da fare prima di ogni esame.

E io lo so cosa dirà qualcuno: che non si può fare altrimenti, che è un giusto scoglio da superare, che ci sono passati tutti e allora bene continuare così, che è normale…

Ma non è normale. Non è normale in Italia, dove qualunque altro esame per l’abilitazione alla professione di psicologo, ingegnere, medico, architetto, commercialista… è difficile, anche molto difficile, certamente, ma imparagonabile al calvario dell’esame da avvocato.

E non è normale all’estero, che se niente niente guardiamo fuori dal confine delle Alpi per un secondo vediamo come nel resto del mondo ci siano sistemi radicalmente differenti.

Mi dispiace finire questo articolo in modo negativo, ma ne esce un quadro piuttosto fosco, un quadro che vede purtroppo i futuri avvocati in balia di una prova che, in modo del tutto arbitrario e soprattutto non meritocratico può tenerli bloccati per anni in un limbo fatto di lavoro sottopagato in condizioni quasi di servitù, senza sapere cosa riserverà per loro il futuro.

E a tutti loro vanno i miei auguri e la mia comprensione.

Sarebbe ora di cambiare questo sistema. Non vi so dire come, a essere onesto, ma diffondere un po’ di consapevolezza potrebbe essere utile. Lo spero.

Alessandro de Concini
Alessandro de Concini

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