Ti siedi davanti allo schermo, ti sfreghi le mani fingendo una soddisfazione che in realtà non esiste, fai doppio click sull’icona minacciosa che è apparsa sul desktop dopo l’installazione, fai un respiro profondo e… ma che diavolo è sta roba?
Menu, finestre, scritte, opzioni, parametri, impostazioni, personalizzazioni funzioni incompatibilità, aggiornamenti.
E in un attimo di ritrovi disteso per terra, in lacrime, chiedendoti perché la vita ce l’abbia con te.
È normale: è quello che succede a tutti quando si affronta per la prima volta l’apprendimento di un nuovo software professionale: un programma che magari ci serve a livello lavorativo, di ricerca o anche di passione personale e che abbia una barriera d’ingresso notevole.
La frustrazione che monta quando la tecnologia si ribella al padrone umano e lo mette in difficoltà è devastante, io lo so bene, prima che il mitico Dario venisse a salvarmi dalla mia mediocrità di videomaker mi sono imparato da solo i rudimenti di programmi come Adobe Premiere Pro, Photoshop, Audition, Obs, piattaforme per costruire siti e blog, piattaforme per videocorsi, servizi vari, e ho avuto anche la possibilità di seguire da vicino la formazione di personale aziendale su software veramente veramente cattivi.
E allora oggi voglio venire in aiuto di tutti voi che vi ritrovate nella stessa situazione e spiegarvi il procedimento più rapido ed efficace per imparare ad usare un nuovo software.
Chiariamo una cosa: c’è una differenza abissale tra essere capaci di usare un software ed essere dei professionisti esperti di quel software. Io so usare Premiere, ci ho editato qualcosa come 700 video, ma non sono minimamente un esperto, non so sfruttare probabilmente nemmeno la metà delle sue potenzialità.
Le strategie di cui parleremo oggi sono una base di partenza, per la vera padronanza assoluta ci vorrà soprattutto il tempo e la pratica, le famose 10 mila ore di cui si parla tanto in giro.
Ah, seconda cosa, voglio ringraziare Marco Zucchelli, mi ha fatto proprio questa domanda su YouTube qualche giorno fa e, nel rispondergli, ho visto che il post diventava lunghissimo e si sarebbe prestato bene a un approfondimento… questo video nasce dalla domanda di Marco, quindi grazie per lo spunto!

Il processo si articola in 4 fasi, che si ritrovano molto simili tra le altre cose nel famoso libro “The four hour chef”, “Chef in 4 ore” dell’ormai imprescindibile Tim Ferris, che ho nominato non so più neanche quante volte nei miei articoli.
Decostruzione, Selezione, Messa in sequenza e, infine, studio vero e proprio.
DECOSTRUZIONE
Cosa intendiamo per decostruzione? Bè, questo primo passaggio di fatto si riferisce a un’analisi preliminare di ciò che vogliamo imparare, in questo caso il software. Lo osserviamo, familiarizziamo coi vari menu, osserviamo magari qualcuno che lo sta utilizzando e ci facciamo un’idea di base del suo funzionamento, al contempo segmentando le sue diverse funzioni e classificandole, distinguendole.
Ogni software, ogni caso è differente, quindi è impossibile offrire un protocollo sempre uguale, ad esempio io quando ho imparato a usare Premiere per montare i video ho distinto 4 aree: l’area della gestione delle fonti, la timeline dove effettivamente montare il video, l’area degli effetti e regolazioni video, l’area del suono e della correzione audio.
È una divisione fittizia, ovviamente, e in realtà tutte le aree sono interconnesse tra loro oltre ad essercene molte di più, la struttura è più complessa di così, ma creare delle separazioni in aree tematiche, applicare il concetto di chunking, individuare e raggruppare ha un valore impagabile nel resto del processo di apprendimento: ci aiuta a capire come dovremo affrontare lo studio successivo.
SELEZIONE
Questo è il momento fondamentale ed è anche quello che non piace a nessuno. Dovete selezionare ciò che davvero vi serve imparare e ciò che potete tranquillamente tralasciare o lasciare a dopo.
Normalmente si consiglia a questo proposito il classico approccio che segue il principio di Pareto, quell’80/20 di cui hai sicuramente già sentito parlare. Concentrarsi su quella piccola parte, quel 20% di cause che innesca l’80% delle conseguenze.
Il principio di Pareto è sempre interessante, ma ho trovato che risulta particolarmente astratto e difficile da concretizzare quando lavoriamo da autodidatti. Certo, è facile concentrarsi su ciò che è più importante quando hai qualcuno a guidarti che sa cosa sia più importante, ma quando ci si ritrova da soli… è tutto un altro paio di maniche.
Allora per i software io consiglio di ribaltare l’approccio e partire dalla fine. A cosa ti servirà quel software? Cosa ci vorrai fare precisamente? Quali risultati vuoi ottenere? Parti dalla fine, da ciò che vuoi realizzare, dal problema che vuoi risolvere e risali al contrario agli strumenti che ti servono per farlo.
SEQUENCING
Quando ti è chiaro che strumenti vuoi imparare e a cosa ti serviranno è il momento di stabilire l’ordine corretto in cui impararli e costruire il tuo piano. Da cosa partirai? Cosa lascerai per ultimo?
Per prima cosa concentrati sulle sovrapposizioni e le propedeuticità: ci sono comandi che presuppongono conoscenze pregresse? Ecco, quelli di sicuro andranno lasciati per ultimi.
Parti sempre dagli elementi più semplici per costruire la complessità in una scala crescente, così come uno scacchista impara prima i finali e poi aperture e mediogioco.
Quando hai stabilito la corretta sequenza che seguirai sei pronto a iniziare lo studio vero e proprio.
METODO
E qui, per quanto riguarda il metodo concreto da applicare in quest’ultima fase, abbiamo 4 step:
- Lo studio teorico
- Il concetto di imitazione
- La pratica focalizzata
- La pratica diffusa
Lo studio teorico è del tutto simile a quello per gli esami universitari o per dei concorsi, si può applicare il classico PACRAR che spiego in tutti i miei articoli. Fondamentale la fase di acquisizione e comprensione, ma anche la rielaborazione tramite schemi, che ti saranno utilissimi poi in un secondo momento per ripassare o ritrovare facilmente le informazioni.
Se ne avete la possibilità, un’ottima idea è anche quella di spiegare ciò che avete imparato a un’altra persona: un collega, amico, collaboratore. Se ci pensi, è simile alla famosa tecnica di Feynman.
L’imitazione quando si impara un nuovo software è fondamentale, per fortuna viviamo nell’epoca dei tutorial su YouTube e allora non c’è niente di meglio che, una volta studiato il concetto teorico, schematizzato, interiorizzato, osservare direttamente qualcuno che lo mette in pratica e seguirlo, copiando esattamente, passo per passo, quello che fa.
Ma come faceva la gente prima di YouTube? Una vita di sofferenze, con tutta probabilità.
Procedi argomento per argomento, non andare avanti finché non hai consolidato un piccolo mattoncino di quel muro che è l’intero software. Non correre, ricordati che la vera velocità è non tornare indietro, non avere fretta.
E poi, ovviamente, c’è la pratica. Di due tipi però, come dicevo prima: focalizzata e diffusa.
La pratica focalizzata, anch’essa da portare avanti argomento per argomento, non è altro che ripetere e applicare il comando o la funzione che avete appena imparato nel modo migliore possibile, magari variando contesto, mettendovi alla prova, integrando il tutto con le altre funzioni che avete imparato.
Insomma: esercizio esercizio esercizio mirato però a uno scopo preciso, tutto incentrato su quel passaggio o argomento su cui vi state concentrando in quel momento. Senza divagazioni o deviazioni. Una cosa per volta, per quanto piccola sia.
La pratica diffusa invece è lo smanettamento duro e puro. Aprire il programma ed esplorarlo a caso, seguendo la nostra intuizione e curiosità naturale, provando nuove strade, sbagliando, creando mini-progetti, spulciando tra i menu, cliccando su cose che non sappiamo solo per il gusto di vedere che cosa succede.
La pratica diffusa va alternata a quella focalizzata, la completa, ne è la faccia opposta. Dopo mezz’ora di pratica focalizzata e attenta, mezz’ora di smanettamento.
Questo consente, nel tempo, di familiarizzare a tutto tondo col programma e lentamente costruisce una rete di collegamenti e di scoperte che aiuteranno a collegare tra loro i diversi argomenti che abbiamo imparato in modo dinamico.
Inoltre, aiuterà il nostro apprendimento, dando il tempo al cervello di processare e riorganizzare le informazioni in modo significativo e duraturo nella memoria a lungo termine. Il meccanismo è identico a quello descritto dalla geniale Barbara Oakley nel suo libro A Mind For Numbers.
Quindi, dopo aver eseguito tutta la fase preliminare di decostruzione, selezione e messa in sequenza, partite con uno studio teorico con lettura efficace, schemi e tutto il resto, seguito immediatamente da imitazione e pratica focalizzata, argomento per argomento, alternata alla pratica diffusa di smanettamento.
Prosegui così finché non hai acquisito tutti gli elementi che avevi selezionato.
Da quel momento in poi mantenete queste conoscenze semplicemente utilizzando il software e pian piano approfondite per arrivare, un giorno, al dominio assoluto del programma.
A questo punto voglio sentire le vostre storie di apprendimento di software, le difficoltà che avete incontrato e i trucchetti che avete escogitato per uscirne, fatemeli sapere qui sotto nei commenti…