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Prendere appunti con il metodo KWL

Non sempre gli strumenti di studio più efficaci nella pratica di tutti i giorni devono essere complessi e astrusi. Qualche volta la semplicità paga, e parecchio anche.

Nel 1986, una professoressa universitaria specializzata nello studio della lettura, Donna M. Ogle propone una struttura, strategia, procedura, a seconda di come vogliamo definirla, basata su tre semplici domande che dovrebbero guidare l’apprendimento, la comprensione, il ricordo.

La chiama KWL.

L’idea è semplice, asciutta, elegante, quasi banale a prima vista. Ma ha una caratteristica che a tante costruzioni ben più elaborate manca: semplicemente, funziona. E funziona così bene, ed è così semplice da usare, che viene adottata da chiunque vi ci si imbatta.

33 anni più tardi, il KWL è dappertutto (non così tanto in Italia, purtroppo) e Donna Ogle nel frattempo è stata presidente dell’International Reading Association (l’associazione internazionale della lettura), ha lavorato come consulente per un’infinità di fondazioni benefiche per l’istruzione e il pensiero critico, ha lavorato in sudamerica, nell’europa dell’est, in Pakistan, in Messico.

È stata inserita nella Reading hall of fame dove vengono nominati gli studiosi che hanno contribuito nel mondo allo sviluppo e alla diffusione dell’istruzione, alfabetizzazione e lettura. E ha fatto la presidente anche della Hall of Fame. E, non contenta, ha sviluppato di recente un nuovo protocollo molto interessante, questa volta basato sulla discussione, di cui magari vi parlerò in un prossimo articolo.

E allora in questo articolo parliamo del KWL, di come funziona, di come dovresti applicarlo.

CHE COS‘È

Il principio, come dicevo, è semplicissimo: tre domande, una tabella. La strategia può essere applicata da un singolo, da un piccolo gruppo o anche da un gruppo numeroso di studenti.

  • La prima domanda, la K, a cui si deve rispondere nella prima colonna della tabella è: what I already know? che cosa conosco già?, e non è altro che la sintesi di tutte le informazioni e conoscenze pregresse sull’argomento. Si richiamano alla mente i ricordi delle lezioni o letture precedenti in merito, aneddoti o informazioni connesse, riflessioni personali, tutto quello che ci viene in mente. Nel fare questo scaldiamo il motore e disponiamo nella nostra mente gli strumenti necessari per affrontare poi un nuovo argomento. Questa domanda va posta prima di iniziare a leggere, ascoltare, studiare il nuovo argomento, ovviamente, e va interpretata proprio come un’attività preliminare;
  • La seconda domanda, la W, è what I want to know? che cosa voglio sapere? Ed è qui che stabiliamo i nostri obiettivi, il nostro orizzonte di riferimento, la preda da cacciare. È una domanda che contiene altre domande, in realtà. Anche questa è un’attività preliminare, in qualche modo, ma più focalizzata, precisa, mirata. Ci aiuta a dirigere l’attenzione e a distinguere e scremare tra ciò che ci servirà e ciò che è di secondaria importanza. Compiliamo questa seconda colonna appena prima di iniziare e la teniamo anche ben presente durante la lettura o l’ascolto stessi, per controllare di non divagare troppo e rimanere sul pezzo, per così dire.
  • La terza domanda del metodo di Ogle, la L, è “what I learned?” che cosa ho imparato?.Un richiamo, un recupero, una sintesi di tutte le informazioni che abbiamo acquisito. La si compila ovviamente alla fine del processo di lettura o di ascolto e, idealmente, dovrebbe contenere le risposte alle domande che ci siamo posti come obiettivi, dovrebbe in qualche modo coincidere con la W, ma più approfondito e dettagliato.

È tutto qui. Ti prepari la tabella, la compili nei giusti momenti e lasci che ti guidi in quello che stai facendo. E quello che succede è che scopri di essere più focalizzato, più attivo, di ricordarti i concetti più a lungo, di essere più veloce, di saper distinguere con maggiore facilità tra ciò che è importante e ciò che non lo è. Insomma, studi meglio.

Non è poco.

lettere per dominare lo studio

AMBITI DI APPLICAZIONE

La struttura del KWL si può adattare diversi ambiti e attività:

  • Prima fra tutti la lettura, e non è un caso che il KWL sia una delle fonti principali dalle quali ho pescato per costruire il mio metodo di lettura efficace, che spiego in super-dettaglio nel mio manuale gratuito, Leggere per Sapere, che se non lo hai ancora scaricato ti appaio come fantasma per infestare l’aula studio dove tenti di prepararti per gli esami. Trovi il link qui sotto.
  • La seconda applicazione è quella nella stesura di appunti, insieme a un altro paradigma, il metodo Cornell, il KWL offre un orizzonte ben definito all’ascolto di una lezione che torna utilissimo.
  • Interessante sfruttare la tabella KWL nella ricerca, quando dobbiamo approfondire un tema e non sappiamo da che parte iniziare o se vogliamo raccogliere le idee per una tesi.
  • Gli insegnanti, conferenzieri, relatori, formatori, e chi per essi, poi, dovrebbero tatuarsi sulla fronte le tre lettere, perché, con una specularità che non è affatto lasciata al caso, il KWL è anche una perfetta organizzazione del pre e post esposizione di un argomento, specie in una lezione dal vivo o comunque di lunga durata. Idealmente, tutte le lezioni e spiegazioni dovrebbero iniziare e finire proprio in questo modo, per assicurarsi che chi ci ascolta abbia davvero compreso, unito i puntini e assimilato quello che è uscito dalla nostra bocca.
  • E infine nella costruzione di materiali didattici: libri, slide, dispense, video e via così. Più riusciamo a integrare i principi del KWL nella stesura dei materiali che impieghiamo e più questi saranno facilmente digeriti e utilizzati e maggior successo avranno.

E quindi, come hai visto, questo paradigma permea un po’ tutti gli anfratti del mondo dell’apprendimento e dell’istruzione. Sarebbe il caso di farlo sapere in giro anche in Italia, magari anche a qualche professorone che entra in classe e le prime parole che pronuncia sono “aprite a pagina 27”.

PERCHÈ FUNZIONA

Ma cosa c’è sotto a questa apparente semplicità, quali sono i principi che rendono così efficaci queste tre semplici domande e un pezzo di carta con delle righe sopra? Cosa si nasconde nella mente di Donna Ogle?

I punti chiave sono 7:

  • Per prima cosa, la costruzione di motivazione e interesse. La prima domanda, in particolare, è fatta per scatenare nelle nostre povere menti un letterale brainstorming, una tempesta cerebrale, nella quale scoprire collegamenti inaspettati e recuperare strumenti utili, mentre la seconda domanda crea una sorta di gara, di ricerca, di coinvolgimento emotivo. Tutto questo genera curiosità e la curiosità è la nemica giurata della noia. Quando gli studenti sono incuriositi lo studio diventa persino piacevole;
  • Metacognizione, ci ho scritto un articolo apposta, vai a recuperartelo, ma per essere super generici possiamo dire che più ragioniamo sul processo stesso dello studio e ne prendiamo il controllo esplicitamente e meglio studiamo. Il KWL fa proprio questo, dona agli studenti il controllo del processo.
  • Rielaborazione: per quanto non sia un processo profondo e potente come quello della costruzione di uno schema, la terza domanda costringe comunque, almeno un po’, a rielaborare, a sintetizzare, a scrivere una sorta di sommario, e per questo consolida i ricordi e la comprensione.
  • La terza domanda è anche una sorta di testing finale, la possiamo usare come momento di autovalutazione per capire se e quanto ricordiamo ciò che abbiamo letto e ascoltato, inoltre possiamo sfruttare gli obiettivi della seconda domanda per metterci alla prova in seguito.
  • Ormai lo sapete: con obiettivi chiari in mente si riesce ad essere più attivi e concentrati, si limita la dispersione e si spremono al massimo le nostre capacità cognitive.
  • L’associatività: il KWL, specie se usato con continuità, stimola e incoraggia a mettere gli argomenti in relazione gli uni con gli altri, collegarli, paragonarli, e la creazione di associazioni è uno dei meccanismi fondamentali per la memoria.
  • E poi la partecipazione e collaborazione: il paradigma KWL funziona benissimo per guidare sessioni di studio o di lavoro di gruppo e tenere tutti i partecipanti coinvolti fino alla fine.

ADATTAMENTI ED ESTENSIONI

Il KWl si può anche modificare, espandere e personalizzare a seconda delle differenti preferenze e necessità, voglio descriverti 4 varianti che trovo molto interessanti, una delle quali pensata nientepopodimeno che da me in persona:

La prima è la variante Hill, dal nome del creatore, che aggiunge una quarta colonna alla fine della tabella chiamata “Further Wanderings”, cioè qualcosa tipo “ulteriori divagazioni”, ed è un incoraggiamento alla ricerca personale e al continuare a interrogarsi su ciò che si è imparato anche dopo averlo concluso o dopo essere tornati a casa se si è degli studenti di scuola. Lo consiglio per chi fatica a farsi piacere una materia, anche qui ci avevo fatto un video a riguardo, lo sconsiglio invece a chi ha la tendenza a perdersi in eccessive ricerche. Voi pignoli drogati di approfondimento statene alla larga, sciò, sciò

La seconda variante è il KLEW, anche questa aggiunge una colonna alla tabella, ma stavolta la aggiunge tra la seconda e la terza domanda e si focalizza su evidence, evidenze, fonti, argomentazioni. Qui il focus è tutto sullo sviluppo del pensiero critico e sulla costruzione dell’abitudine a non fermarsi solo alla superficie nozionistica, ma di andare a fondo con critiche e con la richiesta delle prove. Consigliatissimo per le letture online a rischio di bufale e disinformazione

Terza variante è quella proposta da Margaret Mooney che vorrebbe una colonna “how”, come, che ha la doppia funzione di esplicitare il modo in cui funziona il processo di apprendimento stesso, spingendo ancora di più sulla metacognizione, ma anche di mettere in risalto metodi, processi e strumenti utilizzati per scoprire le informazioni imparate in primo luogo e analizzarle. Questa variante risulta di importanza capitale in tutte quelle discipline in cui il metodo è importante tanto quanto il risultato, tutte le materie scientifiche, per esempio, ma anche la storia.

Quarta e ultima variante, quella pensata da me, che ho ribattezzato: Feynman KWL, ed è pensata per quegli argomenti particolarmente ostici che ci mettono davvero a dura prova. L’idea è quella di fondere il KWL con la mitologica tecnica di Feynman. Per chi non lo sapesse, in soldoni la tecnica di feynman prevede di illustrare l’argomento appena imparato come se ci si trovasse di fronte ad un bambino. Questo costringe a tirare fuori la sintesi, la chiarezza, l’organizzazione delle idee, gli esempi pratici, le metafore e aiuta quindi a chiarire punti oscuri. L’idea è di sostituire l’ultima colonna del KWL, cioè il sommario finale su ciò che abbiamo imparato, proprio con la tecnica di Feynman. Mica male, no?

CONCLUSIONE

C’è poco da fare, queste tre lettere hanno un potere incredibile e Donna Ogle, che ce le ha regalate, è un genio dello studio dell’apprendimento.

UN PO’ DI BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

  • Buehl, D. (2006). Classroom strategies for interactive learning. Delaware: International Reading Association.
  • Glazer, M. Susan. (1998). Using kwl folders. Teaching Diverse Learners, 29(4), 106-107
  • Hershberger, K., Zembal-Saul, C., & Starr, M. L. (2006). Evidence helps the KWL get a KLEW. Science & Children, 43(5), 50–53.
  • Huffman, L. E. (1998). Journal of Adolescent & Adult Literacy, 41(6), 470-472. Combine focus questions (5 W and 1 H) with K-W-L.
  • Jared, J. Elizabeth, Jared, H. Alva (1997). Launching into improved comprehension. The Technology Teacher, 56(6), 24–31.
  • Laurice M. Joseph,Sheila Alber-Morgan,Jennifer Cullen &Christina Rouse The Effects of Self-Questioning on Reading Comprehension: A Literature Review, Reading & Writing Quarterly Overcoming Learning Difficulties Volume 32, 2016 – Issue 2 Pages 152-173
  • Mooney, Margaret. (October 1990). “Reading To, With, and By Children.” Richard C. Owen Pubs., Inc. SBN: 0913461180 ISBN-13:9780913461181 Suggests adding a fifth column, H, for How to learn more.
  • Ogle, D.M. (1986, February). K-W-L: A Teaching Model That Develops Active Reading of Expository Text. The Reading Teacher, 39(6), 564–570. doi: 10.1598/RT.39.6.11
  • Padak, N. and Rasinski, T. (2004). Effective reading strategies: teaching children who find reading difficult. New Jersey: Pearson Education, Inc
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